Il nono comandamento (Esodo 20,16) é solo in apparenza meno importante degli altri, dal momento che esso trovava applicazione in un sistema giuridico nel quale l’apporto dei testimoni oculari risultava decisivo e determinante ai fini del verdetto del giudice. Ecco che attestare il falso in un procedimento giudiziario rappresentava un reato molto grave, tanto che il falso testimone, se scoperto, era soggetto alla stessa condanna alla quale sarebbe stata sottoposta la persona da lui ingiustamente accusata (Deuteronomio 19:15-20).
Se il nono comandamento trova la sua piú naturale collocazione in un’aula di giustizia al fine di assicurare una giustizia piú giusta, ció non significa che esso perde di rilevanza e importanza in altri contesti, a noi piú familiari e quotidiani, in cui siamo chiamati a dire la verità se non vogliamo trovarci ad agire “contro” il nostro prossimo.
Quando noi agiamo contro il nostro prossimo? Per esempio quando lo diffamiamo (Levitico 19,16), quando lo truffiamo nelle transazioni commerciali, e non solo, col contraffare pesi e misure o col non rilasciare lo scontrino (Levitico 19,35); quando siamo pronti a schierarci con la maggioranza a scapito dell’affermazione dei diritti di una minoranza etnica, politica o religiosa che sia (Esodo 23,2), e via dicendo.
In ogni caso la “parola bugiarda”, dalla quale la parola di Dio ci mette in guardia, finisce sempre, anche quando si dice bianca e vuole essere a fin di bene, per non promuovere la veritá e l’affermazione della giustizia (Esodo 23,7).
Il Dio della Bibbia è un Dio di giustizia e verità che non tiene per innocente chi attesta il falso contro il suo prossimo, anzi lo paragona, nella sua azione micidiale e distruttiva, a un martello, una spada e una freccia acuta (Proverbi 25,18). Pensiamoci!
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